Greci in Lucania

I coloni greci giungono in Lucania nell’ambito di un flusso migratorio originato da singole città della Grecia antica, motivato sia dall’interesse per lo sviluppo delle attività commerciali, che da tensioni sociali dovute all’incremento della popolazione a cui la magra produzione agricola non riusciva a dare sostentamento. Queste genti, giunte sulle coste Italiche fondarono diverse città quali Kyme e Metapontion, poi Taras e Rhegion, vale a dire Cuma, nel territorio del napoletano, Metaponto, Taranto e Reggio venendo a costituire la Magna Grecia.
Oltre a Metaponto(690 a.C.) i greci costituirono Novasiri (Siris), Policoro (Heraclea), Tursi (Pandosia), Pisticci (Pistoicos) e Ferrandina (Troilia).
Le città della Magna Grecia erano indipendenti come le polis greche, disponevano di un nutrito esercito e vi era un reggente che governava o un sistema di governo democratico; il commercio, inizialmente, era orientato alle popolazioni indigene, ma fu subito un ottimo canale di scambio con i greci della madrepatria che importava dal grano ai manufatti, dalle opere letterarie al marmo e così via.
Metaponto fu fondata da coloni greci dell’Acaia su richiesta di rincalzo coloniale direttamente dalla madre patria, da parte di Sibari, per proteggersi dall’espansione di Taranto, colonia Spartana. La città Divenne molto presto una delle più importanti della Magna Grecia, La sua ricchezza economica proveniva principalmente dalla fertilità del suo territorio, testimoniata dalla spiga d’orzo che veniva raffigurata sulle monete lì prodotte e che divenne anche suo simbolo.image Nella città  visse fino al 490 a.C. Pitagora, che vi fondo’ una scuola e l’illustre Ippaso, considerato la personalità più rilevante della scuola pitagorica dopo il fondatore.
Riguardo alle vicende di carattere militare in cui la poleis è stata coinvolta troviamo:
-VI sec. a.C. Alleanza con Crotone e Sibari e partecipò alla distruzione di Siris (Novasiri);
-413 a.C. aiutò Atene nella sua spedizione in Sicilia contro i siracusani;
– 280 a.C. Durante la battaglia di Eraclea si alleò con Pirro e Taranto contro Roma,ma la vittoria di Roma comporto’ la definitiva fine della guerra contro Pirro, La città Lucana fu duramente punita e alcuni esuli metapontini trovarono rifugio a Pisticci, unica città che era rimasta fedele a Metaponto durante la guerra e Genusium, l’attuale Ginosa. Metaponto intanto subì uno sconvolgimento del tessuto urbano in seguito alla realizzazione, sul lato orientale della città, di un castrum, nel quale si insediò una guarnigione romana.
-207 a.C. offrì ospitalità ad Annibale e i romani la punirono nuovamente, distruggendola. Divenne allora città federata riacquistando il suo splendore intorno al I secolo a.C.;
-72 – 73 a.C. la piana di Metaponto fu teatro del passaggio dell’esercito di schiavi e disperati guidati da Spartaco, i primi successi contro l’esercito di Roma permisero a Spartaco di raccogliere nuovi consensi, anche nella zone della Lucania, lo testimonia Plutarco: “molti mandriani e pastori della regione, che, gente giovane e robusta, si unirono ad essi”, e di agire liberamente saccheggiando Metaponto.
A poca distanza dalla città moderna è situata l’area archeologica di Metaponto con le sue rovine tra cui spiccano le celeberrime Tavole Palatine e il museo archeologico nazionale di Metaponto.image
I della città di Metaponto negli anni sono serviti alla costruzione dei centri storici dei paesi dell’entroterra quali Bernalda, Montescaglioso, Ferrandina e Matera. Secondo alcune fonti le colonne che ora sostengono le due navi minori del Duomo di Matera, arrivano proprio dall’antica Metapontion.

Novasiri o Siris ebbe un territorio ricco e fertile, sul quale, secondo alcune fonti, si stanziarono dapprima esuli troiani intorno al XII secolo a.C. e poi coloni provenienti da Colofone, la città era ubicata nei pressi della foce del fiume Siris, l’attuale Sinni.
La floridezza e la ricchezza della colonia, acquisite nel corso dei decenni, suscitarono “l’invidia”, ma soprattutto la preoccupazione delle vicine città achee di Metapontum, Sybaris e Kroton che Alleatesi invasero la Siritide intorno al 580-575 a.C.; Siris continuò ad esistere sotto l’influenza di Sibari e Metaponto.
Molti esuli si rifugiarono probabilmente sulla vicina altura di Pandosia (attuale Anglona) e sulle alture delle attuali Montalbano Jonico e Tursi. Un secolo e mezzo dopo a circa 5 km venne fondata una colonia congiunta di tarentini e turioti, con il nome Heraclea.

Policoroo Heraclea nel 374 a.C. fu scelta come capitale della Lega Italiota al posto di Thurii che era caduta in mano ai Lucani. Successivamente verrà creato un agglomerato urbano sulla costa con il nome di Siris, che però con l’antica Siris ha solo continuità onomastica ma non topografica.
Nel 280 a.C. la città fu teatro della battaglia di Eraclea tra Taranto e Roma, nello stesso periodo storico si creò uno speciale trattato tra Roma ed Heraclea che si sottrasse all’influenza tarantina per diventare città confederata di Roma; furono create le tavole di Eraclea, attualmente conservate al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che sono realizzate in bronzo con testi in greco riguardanti l’ordinamento pubblico e costituzionale della città. Sul retro di queste è trascritta, in latino, la lex Iulia Municipalis.
Alla fine della guerra tra Romani e Tarantini, Eraclea, come tutta la Lucania, cadde sotto il dominio romano.
Nel 212 a.C. la città fu assediata e conquistata da Annibale. Successivamente diventò nuovamente una città fiorente, e i suoi abitanti furono descritti come Nobiles Homines da Cicerone nel Pro Archia, l’apologia del poeta Aulo Licinio Archia, cittadino di Eraclea.
Nell’89 a.C. fu data agli Eraclidi la cittadinanza romana con la lex Plautia Papiria. Durante tutta l’età repubblicana, Eraclea viene turbata da tumulti sociali, giunti al culmine nel 72 a.C. con il passaggio di Spartaco. La popolazione allora si rifugiò nella parte alta della città. Durante l’età imperiale cominciò invece la sua decadenza. Vi hanno risieduto il poeta Archia e il grande pittore Zeusi, forse originario della città.
Le rovine sono attualmente visitabili insieme al Museo Nazionale della Siritide di Policoro che custodisce la maggior parte dei reperti lì trovati. Dell’antica città nella parte bassa si possono notare il Tempio di Atena, di cui restano le fondamenta, e il Tempio di Demetra. Sull’acropoli invece i resti della città si sono meglio conservati ed è visibile l’impianto urbano costituito da assi viari ortogonali. A ovest è situato il quartiere dei ceramista con le case con fornaci annesse. A sud e a ovest sono situate le necropoli.

Tursi o Pandosia, che confinava con Heraclea, è considerata la più antica città pagana della Siritide, Strabone afferma che fu fondata degli Enotri e che la tennero a loro reggia non specificando a quale Pandosia si riferisse, ma affemando una certa vicinanza a Cosenza facendo così intuire a Pandosia Bruzia, altri studi invece attribuisco la reggia a Pandosia lucana, prima del 1000 a.C.. La città fu molto ricca e importante grazie alla fertilità del terreno e alla posizione strategica, infatti, i due grossi fiumi lucani, l’Agri e il Sinni, a quel tempo navigabili e l’antica via Herculea che da Heraclea risaliva per più di 60 km la valle dell’Agri fino alla città romana di Grumentum, agevolarono le comunicazioni e quindi una rapida espansione della città.
L’antichissima città di Pandosia è passata alla storia per eventi bellici combattuti nei pressi delle sue mura. L’Antonini basandosi su passi della Genealogia di Ferecide di Atene e su passi della Storia antica di Roma di Dionigi di Alicarnasso, ipotizza che Pandosia fu fondata da Enotro, uno dei 23 figli di Licaone, molti secoli prima di Roma, e che lo stesso signoreggiò su tutta l’orientale parte della Lucania. Da alcune monete si può supporre che Pandosia fosse confederata con Crotone, quando questa stringeva lega con Sibari e Metaponto. Alcune monete di genere incuso, riportano su di un verso il simbolo di Pandosia (una giovinetta, la ninfa che dava il nome alla città) e sull’opposto quello di Crotone (un giovinetto che indicava il fiume Crati), fanno supporre ad un’alleanza tra le due città.
Nell’inverno del 331 – 330 a.C. il re epirota Alessandro il Molosso, venne sconfitto ed ucciso dai Lucani, sulle rive del fiume Acheronte (probabilmente l’attuale fiume Agri, chiamato Acheros anche Aciris o Akiris). Quest’ultimo è un altro evento controverso, difatti Plinio il Vecchio attribuisce l’evento a Pandosia lucana, invece Strabone fa intuire Pandosia bruzia.
Leggiamo di seguito quanto ci narra Tito Livio:
« Trovandosi il re non molto discosto dalla città di Pandosia, vicino ai confini dei Bruzi e dei Lucani, si pose su tre monticelli alquanto, l’uno dall’altro divisi e lontani, per scorrere quindi in qual parte volesse delle terre dei nemici; aveva intorno a sé per sua guardia un duecento lucani sbanditi, come persone fedelissime, ma di quella sorte di uomini, che hanno, come avviene, la fede insieme con la fortuna mutabile. Avendo le continue piogge, allagato tutto il piano, diviso l’esercito posto in tre parti, in guisa che l’una all’altra non poteva porgere aiuto, due di quelle bande poste sopra i colli, le quali erano senza la persona del re, furono oppresse e rotte dalla subita venuta ad assalto dei nemici, i quali poi tutti si volsero all’assedio del re, e mandarono alcuni messaggi ai lucani loro sbanditi, i quali avendo pattuito di essere restituiti alla patria, promisero di dar loro nelle mani il re vivo o morto. Ma egli con una compagnia di uomini scelti fece un’ardita impresa che urtando si mise a passare, combattendo, fra mezzo dei nemici; ed ammazzò il capitano dei lucani, che d’appresso lo aveva assaltato; ed avendo raccolto i suoi dalla fuga, tra essi ristretto, giunse al fiume, il quale mostrava qual fosse il cammino con le fresche riune del ponte, che la furia delle acque aveva menato via. Il qual fiume, passandolo la gente senza sapere il certo guado, un soldato stanco ed affamato, quasi rimbrottandolo e rimproverandogli il suo abominevole nome, disse: Dirittamente sei chiamato Acheronte. La qual parola, posciaché pervenne alle orecchie del re, incontamente lo fece ricordare del suo destino, e stare alquando sospeso e dubbio, se si doveva mettere a passare. Allora, Sotimo, un ministro dei paggi del re, lo domandò che stesse a badare e l’ammonì che i lucani cercavano d’ingannarlo; i quali poiché il re vide da lungi venire alla sua volta, in uno stuolo trasse fuori la spada ed urtando il cavallo, si mise arditamente per mezzo del fiume per passare; è già uscito dalle profondità delle acque, era giunto nel guado sicuro, quando uno sbadito lucano lo passò dell’un canto all’altro con un dardo. Onde essendo caduto, fu poi trasportato il corpo esamine dalle onde, con la medesima asta insino alle poste dei nemici, ove ei fu crudelmente lacerato, perché tagliato pel mezzo, ne andarono una parte a Cosenza, e l’altra serbarono per straziarla; la quale mentre era percossa da sassi e dardi per scherno, una donna mescolandosi con la turba, che fuori di ogni modo della umana rabbia incrudeliva, pregò che alquanto si fermassero, e piangendo disse: Che aveva il marito ed i figliuoli nelle mani dei nemici e che sperava con quel corpo del re, così straziato come gli era, poterli ricomprare. Questa fu la fine dello strazio; e quel tanto che vi avanzò dei membri fu seppellito in Cosenza, per cura di una sola donna, e le ossa furono rimandate a Metaponto ai nemici; e quindi poi riportate nell’Epiro a Cleopatra sua donna, e ad Olimpiade sua sorella; delle quali l’una fu madre e l’altra sorella di Alessandro Magno »
Nel 280 a.C., in località Conca d’Oro, sotto le mura della città di Pandosia, si svolse la battaglia di Heraclea tra le legioni del console romano Publio Valerio Levino e l’esercito di Pirro, venuto dall’Epiro in appoggio ai Tarentini, la battaglia fu vinta da Pirro, ma ad un prezzo altissimo, 4.000 vittime epirote e 7.000 romane. Sempre su questo territorio si sono svolte, nel 214 a.C. le operazioni militari di Annibale durante la seconda guerra punica.
La città sarebbe stata distrutta durante le guerre sociali da Silla o da Lucio Papirio attorno all’81 a.C., nello stesso periodo in cui fu distrutta Grumentum. Sulle rovine di Pandosia, nei primi secoli della cristianità, tra VII-VIII secolo, nacque la città di Anglona.

Pisticci o Pistoicos fu un importante centro del territorio di Metaponto. Tra il V e il IV secolo a.C. vi visse e operò il cosiddetto Pittore di Pisticci, primo ceramografo italiota ad aver adottato in Magna Grecia la produzione di vasi a figure rosse. Dopo la sconfitta di Taranto, Pisticci passò sotto la dominazione romana e diventò un importante centro agricolo.

Ferrandina è stata fondata attorno al 1000 a.C. Il suo nome era Troilia, mentre la sua acropoli-fortezza si chiamava Obelanon (Uggiano). Troilia fu costruita per ricordare e onorare la città distrutta dell’Asia Minore, Troia. Durante l’epoca romana Troilia e Obelanon furono centri importanti di cultura ellenica e sempre più lustro acquistarono in epoca bizantina. Con la caduta del dominio greco, Longobardi e Normanni si impossessarono della città.

Fonte principale: Wikipedia.